
Quando si parla di carriera al femminile, si rischia di rimanere concettualmente intrappolati in un modello professionale standard che non ammette alternative di maggiore valorizzazione delle capacità. Con l’ausilio di una metafora, potremmo paragonare la carriera femminile ideale a una “strettoia” racchiusa tra due “larghi percorsi accidentati, ma decisamente più popolati”. Il primo percorso professionale, puntellato di difficoltà strutturali indipendenti dalla volontà di una donna. Il secondo, ostruito da barriere culturali ataviche che ostacolano l’affermazione di un modello professionale “autenticamente al femminile”, originale e indipendente rispetto a quello tradizionale (tipicamente maschile).
Da una parte, le barriere strutturali che, ostacolando il cammino della donna, creano evidenti condizioni d’inferiorità sociale e professionale (disuguaglianze nell’occupazione e nella carriera, gender pay gap, ostacoli alla maternità…); steccati rimuovibili con interventi istituzionali efficaci. Dall’altra, antiche barriere culturali, decisamente più resistenti, che anche la donna rischia di accettare per semplice comodità, nel rispetto delle consuetudini sociali. Nel mezzo di questi due tradizionali percorsi accidentati, ne esiste un terzo (meno sperimentato dalle donne) che chiama in causa la consapevolezza delle proprie specificità come chiave d’accesso alla vera emancipazione. Una reale emancipazione, importante per la donna e vantaggiosa per l’intera società.
Quanto sia necessario un cambiamento radicale nel modo di concepire la professionalità femminile, anche per i benefeci che può trarne l’intera società, ce lo dimostra la storia. Quando il genio femminile ha trovato modo di esprimersi al di fuori dagli schemi standard (tipicamente maschili) o dai pregiudizi, come a prescindere dai tempi o dai luoghi, i risultati raggiunti dalle donne sono rimasti nella storia dei grandi progressi dell’umanità. Non dobbiamo arrivare ai tempi più recenti per averne conferma. Anzi, l’andare molto indietro nel tempo, rende ancora più efficace l’esempio di un modello professionale vincente perché capace di oltrepassare la resistenza delle sovrastrutture sociali che frenano la genialità delle donne quando loro stesse (ritenendosi credibili soltanto con l’imitazione di modelli di carriera tipicamente maschili) adottano comportamenti di lavoro dissonanti con le aspettative.
Bastano pochi esempi per rendersi conto di quanto importante sia stato, per il progresso dell’umanità, il ruolo delle donne anticonformiste rispetto al modello dominante nel periodo considerato. Partendo dall’arte del governo, un esempio tra i tanti è la regina Isabella di Castiglia (1451-1504). Grazie a un’apertura mentale che scavalca i rigidi confini della chiusura culturale dell’epoca, lei sceglie di aprire il mondo a nuove scoperte. La decisione di finanziare la spedizione di Colombo (per la scoperta della via marittima alle Indie) si rivela un successo che oltrepassa le sue aspettative e il suo stesso intuito femminile. La scoperta dell’America ha il volto di una donna, prima ancora che di Cristoforo Colombo.
Ma passiamo all’astronomia. Maria Mitchell (1818-1889), prima donna americana astronoma professionista, grazie alla sua tenacia negli studi scientifici (riservati agli uomini del tempo), scopre una cometa (nel lontano 1847) ora nota con il nome “cometa di Miss Mitchell”. Prima donna ammessa all’American Academy of Arts and Sciences nel 1848 e all’American Association for the Advancement of Science nel 1850, rompe tutti gli schemi maschilisti del tempo, battendosi con tenacia per il decisivo ruolo delle donne nella scienza. Il mondo scientifico la ringrazierà per non aver rinunciato al proprio valore a causa delle barriere sociali. La tenacia di Kate Session (1857-1940) e la sua idea di creare spazi verdi nelle città hanno rivoluzionato il modo di concepire il progresso. Una delle prime donne laureate in Scienze (1881), in un’epoca in cui era impensabile fidarsi delle donne in questo ambito, passa velocemente dalla teoria ai fatti, senza preoccuparsi della mentalità retrograda che avrebbe potuto condizionarla. Si trasferisce a San Diego, città all’epoca arida di verde, e affitta dei terreni nel City Park (ora Balboa Park) in cambio della piantagione di 100 alberi all’anno nel parco e di altri 300 nel resto della città. Una rivoluzione verde senza precedenti che insegnerà al mondo uno stile di urbanizzazione attento alla buona vita di tutti. Sembrerà strano, ma anche la matematica al servizio delle invenzioni ha il volto della professionalità al femminile. La matematica britannica Ada Lovelace Byron (1815-1852) è considerata la madre del moderno computer. Con straordinaria apertura mentale, riesce a intravederne in anticipo il potenziale, oltre il comune utilizzo come semplice calcolatore. Per non parlare della svolta in ambito sanitario. Florence Nightingale (1820-1910), infermiera britannica conosciuta come “la signora con la lanterna”, è riuscita, in piena epoca vittoriana, a realizzare l’assistenza infermieristica moderna. In suo ricordo, il 12 maggio (giorno della sua nascita) celebriamo la giornata internazionale degli infermieri e delle infermiere, tante volte senza conoscerne il perché. Se parliamo di imprese, ambito riservato tipicamente al genere maschile, troviamo un’altra donna simbolo di capacità professionali fuori dal comune. La giornalista americana Katharine Graham (1917-2001), è la prima donna a dirigere una grande casa editrice americana. In carica per oltre un ventennio, si distingue per la facilità con la quale riesce a guidare un colosso dell’editoria anche in momenti non proprio facili come in occasione del “Watergate” (periodo di maggiore fama del quotidiano “Washington Post”) e delle dimissioni del Presidente Nixon. Le grandi svolte culturali legate al rispetto del nostro pianeta hanno sempre parlato un linguaggio femminile. Il grande successo letterario “Primavera silenziosa” della biologa e zoologa statunitense Rachel Carson (1907-1964), viene considerato un manifesto antesignano del movimento ambientalista moderno. Il Dipartimento di Protezione Ambientale e di Conservazione delle Risorse Naturali (Harrisburg, Pennsylvania) è infatti dedicato alla sua rivoluzionaria figura. Anche il faticoso processo di conquista dei diritti umani ha una sua svolta al femminile. Correva l’anno 1955, Rosa Parks (1913-2005), si rifiuta di cedere il suo posto in autobus a un bianco. Il suo “gesto simbolo” abbatte il “muro culturale” della discriminazione razziale. Nessuno aveva osato tanto fino a quel momento. Anche la storia della Magistratura ha una sua donna simbolo di cambiamento, Ruth Bader Ginsburg (1933 -2020). Diventata popolare grazie alle sue battaglie per l’uguaglianza dei diritti delle donne, viene scelta dal Presidente Clinton come prima donna giudice
supremo. Simbolo dei cambiamenti inevitabili (che possiamo gestire per migliorare la nostra vita), Suor Mary Keller (1913-1985), prima in America a conseguire un dottorato in informatica, riesce a distinguersi con stupefacente rottura degli schemi sociali, come innovatrice dell’istruzione e della comunicazione. Mettendo in evidenza la stretta connessione tra potenzialità del computer (come mezzo per l’accesso alle informazioni) e la sua grande utilità come strumento per promuovere l’istruzione, individua un nuovo approccio metodologico alla base dell’organizzazione scolastica e universitaria dei nostri tempi. Anche il tema dello sviluppo sociale ed economico imprescindibilmente legato alla sostenibilità ha il volto di una donna. L’attivista e ambientalista keniota, Wangari Maathai (1940-2011) è la prima donna africana a ricevere, nel 2004, il Premio Nobel per la Pace per “il suo contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace”. Le scoperte sul sistema nervoso della neurologa italiana Rita Levi Montalcini (1909-2012), stravolgono il modo di affrontare gli studi di neurobiologia con notevoli implicazioni sul successivo sviluppo di prodotti innovativi che hanno migliorato la qualità della vita. La sua celebre frase “l’umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi” ci costringe a riflettere sul destino delle giovani donne italiane che ricercano, fuori dall’Italia, migliori opportunità d’affermazione professionale.
Continuando a cercare nella storia dei più importanti progressi sociali, economici, culturali, scientifici dell’umanità, troviamo sempre la stessa evidente connessione tra “impegno al femminile” e cambiamenti epocali. Questa evidenza impone una riflessione che non può prescindere dall’osservazione della numerosità degli esempi rispetto all’area geografica presa in considerazione. Se per rimuovere i persistenti ostacoli strutturali al raggiungimento della parità tra i sessi (più o meno numerosi a seconda del contesto geografico preso in esame) occorrono efficaci interventi istituzionali, la consapevolezza del valore delle donne (anche da parte di loro stesse), è la migliore strada per una vera emancipazione, quella che si accompagna inevitabilmente al progresso dell’umanità. Se lasciamo le donne libere di esprimersi come vorrebbero, il mondo non potrà che averne benefici.
Brunella Trifilio
UNISIN Coordinamento Donne & Pari Opportunità