Parlare di parità di genere e gender pay gap significa affrontare temi che sembrano non trovare una soluzione concreta. Sulla carta, almeno nel nostro Paese, le normative, la legislazione e la contrattazione collettiva tutelano la parità di genere e quella salariale. Non è così, però, quando ci si cala nella realtà.
Le discriminazioni e il divario salariale tra i generi persistono anche a condizioni di parità di normativa e di contrattazione collettiva di primo e secondo livello.
Il Global Gender Gap Report 2024 del World Economic Forum segnala che lungo è il cammino per raggiungere la parità di genere. La maggior parte dei 10 Paesi in cui è maggiore la parità di genere si trova in Europa, con l’Irlanda e la Spagna che quest’anno rientrano nella top 10.
Il WEF pone in evidenza i quattro divari di genere nei 146 Paesi coperti dall’Indice: il divario di genere in materia di salute e sopravvivenza è il più colmato al 96%, seguito dal divario in termini di conseguimento scolastico (94,9%), da quello in termini di partecipazione economica e opportunità (60,5%), il divario in termini di empowerment politico (22,5%). Secondo il Report saranno necessari ben 20 anni per raggiungere la parità nel conseguimento dell’istruzione, 169 anni per colmare il divario di empowerment politico e 152 anni per raggiungere la parità economica. Per colmare il divario di genere in salute e sopravvivenza il tempo resta indefinito.
Quest’anno ancora nessun Paese ha raggiunto la piena parità di genere. Il 97% delle economie che sono state analizzate ha colmato più del 60% del proprio divario.
La prospettiva, in base a quello che è l’andamento dei dati del Report, è a dir poco scoraggiante: ci vorranno ben 134 anni per raggiungere la piena parità. Ben cinque generazioni in più rispetto all’Obiettivo di sviluppo sostenibile fissato al 2030.
Non va meglio per quanto riguarda il superamento del gender pay gap o divario retributivo di genere, che rappresenta la differenza media di retribuzione lorda oraria tra donne e uomini.
Un divario che, purtroppo, continua a persistere.
Una serie di fattori, infatti, impattano significativamente su di esso: discriminazioni dirette e indirette sul luogo di lavoro; modelli lavorativi ormai obsoleti; segregazione occupazionale generata da un mancato equilibrio nella distribuzione della forza lavoro femminile tra i diversi settori produttivi; pregiudizi di genere; difficoltà nella conciliazione tra lavoro e vita privata; ore di lavoro non retribuito; pregiudizi culturali, storici e sociali; disparità nell’accesso a posizioni lavorative ben retribuite; differenze di carriera; ostacoli nel raggiungimento di incarichi apicali.
A ben vedere, sembrerebbe un’impresa impari, quasi impossibile, superare tutte le condizioni “negative” che non consentono il raggiungimento concreto della parità di genere e della parità salariale. Dobbiamo dire, però, per quanto riguarda il nostro Paese, che molti progressi nel corso dei decenni sono stati fatti ma molto resta, purtroppo, ancora da fare perché le donne possano raggiungere un’effettiva parità di genere. Lo stesso dicasi per quella retributiva a parità di posizione lavorativa.
La parità di genere è uno degli obiettivi primari dell’Unione Europea e con essa la parità retributiva. Nel 2020, e precisamente il 5 marzo, la Commissione europea ha presentato la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni titolata “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” nella quale evidenziava che “l’Unione europea è un leader mondiale nell’uguaglianza di genere: 14 dei primi 20 Paesi al mondo in materia di uguaglianza di genere sono Stati membri dell’UE. Grazie a una solida legislazione e giurisprudenza in materia di parità di trattamento, agli sforzi per integrare la prospettiva di genere in diverse aree politiche e alle leggi per affrontare particolari disuguaglianze, l’UE ha compiuto progressi significativi in materia di uguaglianza di genere negli ultimi decenni”. Sottolineava ancora la Commissione che “il divario di genere si sta colmando nel campo dell’istruzione, ma è ancora presente nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza, poteri e pensioni”. E che “l’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha un forte impatto positivo sull’economia, soprattutto a fronte di una riduzione della forza lavoro e di una carenza di competenze. È inoltre un mezzo che consente alle donne di plasmare la loro vita, svolgere un ruolo nella vita pubblica ed essere economicamente indipendenti”.
La Commissione rilevava ancora che il gender pay gap era un problema da affrontare e combattere anche tenendo presente quello che sarebbe stato lo scenario futuro in cui lo stesso divario salariale si sarebbe trasformato per molte donne in un divario pensionistico di genere.
Il gender pay gap, inoltre, rappresenta un elemento che può generare nelle lavoratrici demotivazione e cali di produttività ed alimentare conflittualità nell’ambito lavorativo, mentre la parità è una delle leve importanti per la crescita delle imprese e delle attività produttive.
E’ necessario, quindi, un cambio culturale e bisogna continuare ad agire con azioni concrete e continue atte a contribuire alla rimozione degli ostacoli esistenti affinché possa essere raggiunta una reale parità di genere e la parità salariale. Per favorire la parità e superare il gender pay gap possono e devono essere messe in campo politiche che puntino alla trasparenza salariale, incentivino l’occupazione femminile, forniscano ulteriori strumenti e supporti per la conciliazione tempi di lavoro e di vita, creino nuove competenze e generino maggiore inclusione.
UNISIN/CONFSAL, nella sua quotidiana azione a tutti i livelli e in tutte le sedi nazionali e locali, è impegnata con le Dirigenti e i Dirigenti sindacali a portare avanti tutte le azioni a tutela delle politiche di genere e pari opportunità e si impegna ad ogni livello per il raggiungimento della parità di genere e per la parità salariale.
Bianca Desideri – Coordinamento donne e pari opportunità