Egr. Direttore,
abbiamo seguito negli scorsi giorni i Suoi editoriali del 25.3 e del 02.04 u.s., nel corso dei quali ha rivolto la Sua attenzione al mondo delle banche.
Rispettiamo senza riserve il Suo diritto di critica, anche perché in diversi passaggi i Suoi commenti hanno toccato temi sui quali non possiamo che essere concordi: da anni, ormai, queste Organizzazioni Sindacali reclamano un diverso ruolo delle banche, rinnovato rispetto alle moderne esigenze della clientela. Abbiamo anche proposto un “nuovo modello di banca”, maggiormente orientato alle esigenze sociali della collettività.
Contrariamente a questa convergenza di opinioni, la Sua legittima preoccupazione per il continuo deteriorarsi del rapporto tra i cittadini e gli Istituti di Credito, particolarmente accentuato in questo periodo di emergenza nazionale e globale, non può e non deve tramutarsi in un attacco alle Persone che lavorano nelle aziende bancarie -cosa che, purtroppo, si riscontra nei Suoi editoriali-.
Sentiamo il dovere, per amore di verità, di richiamare un episodio in particolare, sul quale si è soffermato più volte nei Suoi interventi: la nota vicenda avvenuta la scorsa settimana nei pressi di una filiale bancaria di Bari, dove si assiste alla disperata protesta di tre clienti. A tal proposito, dobbiamo ricordare che in quella giornata lo sportello bancario in questione era CHIUSO, e nessuna deroga a questa disposizione aziendale era possibile per il Personale lì presente. Di contro, i nostri Colleghi hanno subìto un’aggressione verbale condita da minacce ed inaccettabili atti vandalici (è stata divelta la vetrina d’ingresso ed è stata danneggiata un’auto parcheggiata nei pressi della filiale).
Corre l’obbligo, quindi, di riportare un passaggio del nostro comunicato stampa dello scorso 27 marzo, con il quale abbiamo rivolto un appello al popolo dei pensionati, in vista del delicato appuntamento del primo aprile: “Quella dei dipendenti bancari è infatti una di quelle categorie obbligate a lavorare perché assicurano quello che viene definito ‘servizio pubblico essenziale’. Si tratta di lavoratori e lavoratrici che non possono rispondere all’appello ‘io resto a casa’ perché costretti a uscire per recarsi al proprio posto di lavoro mettendo a repentaglio la loro salute e quella dei loro famigliari. E lo stanno facendo con senso di responsabilità, abnegazione e sacrifici per non abbandonare clientela, famiglie e imprese.”
Anche le nostre Segreterie Nazionali, con un comunicato stampa emesso nella giornata di ieri (compiegato alla presente) hanno evidenziato l’acuirsi del nervosismo contro i bancari, sfociato, in alcuni casi, in gravi episodi di violenza.
Auspichiamo che un giornalista del Suo livello, conscio di quanto le parole siano armi affilate dalla tensione di questi giorni, debba ricondurre la dialettica generale nell’alveo del rispetto, soprattutto nei confronti di chi, quotidianamente, deve obbligatoriamente recarsi al lavoro e contestualmente affrontare le apprensioni indotte dalla pandemia.
Siamo disponibili a confrontarci con Lei su questo ed altri temi, certi che converrà con noi sulla sensatezza delle nostre convinzioni qui espresse, tese ad evitare contrapposizioni e limitare l’odio sociale.
Distinti saluti.