Emozionante ed illuminante il recente incontro del PAPA con le Lavoratrici ed i Lavoratori dell’ILVA di Genova che hanno condiviso appieno l’appassionato intervento, più volte interrotto da scroscianti applausi.
Vogliamo riprendere il discorso del PAPA, non certamente da un punto di vista confessionale, ma in una visione laica e professionale. Come Organizzazione Sindacale riteniamo fondamentali alcuni passaggi sul mondo del lavoro che il Pontefice ha sottolineato con grande lucidità e puntualità, passaggi che troppo spesso risultano assenti nel mondo politico ed anche sindacale, indubbiamente di forte attualità che si manifestano sempre più anche nelle nostre realtà.
Un discorso tutto incentrato su un concetto fondamentale: “IL MONDO DEL LAVORO E’ UNA PRIORITA’ UMANA”. Questo aspetto, purtroppo, è spesso dimenticato da tanti imprenditori, o pseudo tali, anche da quelli che si considerano “illuminati” e che magari si dichiarano “cattolicissimi”, con presenza immancabile in prima fila alla Santa Messa della domenica (alcuni, fra l’altro, sulla breccia da molti anni e assai noti…).
Questi imprenditori, o pseudo tali, hanno sostituito al concetto di “priorità umana” quello del PROFITTO AD OGNI COSTO!
Non vogliamo dilungarci oltre ma, lasciare spazio alle parole di PAPA Francesco, riportando a seguire i nostri commenti:
- Il sistema politico a volte sembra avvantaggiare chi specula e non chi investe;
- a volte si pensa che il Lavoratore, lavora bene solo perché è pagato, ma questa concezione è di grave disprezzo per i Lavoratori; il Lavoratore inizia a lavorare bene per dignità, il vero imprenditore conosce i suoi Lavoratori perché lavora con loro, l’imprenditore prima di tutto deve essere un Lavoratore, nessun bravo imprenditore ama licenziare la sua gente, chi pensa di risolvere i problemi licenziando i suoi dipendenti non è un buon imprenditore.
- Il lavoro può fare molto male perché può fare molto bene. Gli uomini e le donne si nutrono del lavoro: con il lavoro sono “unti di dignità”. per questa ragione, attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale;
- L’Articolo 1 della Costituzione italiana cita: “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. In base a questo possiamo dire che togliere il lavoro alla gente (o minacciare di farlo, come talvolta accade anche da noi… su iniziativa di qualche “capetto” – che si ritiene illuminato) o sfruttare la gente con lavoro indegno o malpagato, è anticostituzionale.
- I valori del lavoro stanno cambiando molto velocemente, e MOLTI DI QUESTI NUOVI VALORI DELLA GRANDE IMPRESA E DELLA GRANDE FINANZA NON SONO VALORI IN LINEA CON LA DIMENSIONE UMANA, e pertanto con l’umanesimo cristiano. L’accento sulla competizione all’interno dell’impresa, oltre ad essere un errore antropologico, è anche un ERRORE ECONOMICO, perché dimentica che l’impresa è prima di tutto cooperazione, mutua assistenza, reciprocità. Quando un’impresa crea scientificamente un sistema di incentivi individuali che mettono i Lavoratori in competizione fra loro, magari nel breve periodo può ottenere qualche vantaggio, ma finisce presto per minare quel tessuto di fiducia che è l’anima di ogni organizzazione. (CHISSÀ COSA NE PENSA L’ESTABLISHMENT DEL GRUPPO INTESA DI QUESTO CONCETTO?);
- E così, quando arriva una crisi, l’azienda si sfilaccia e implode, perché non c’è più nessuna corda che la tiene. Bisogna dire con forza che QUESTA CULTURA COMPETITIVA tra i Lavoratori dentro l’impresa È UN ERRORE, E QUINDI UNA VISIONE CHE VA CAMBIATA SE VOGLIAMO IL BENE DELL’IMPRESA, DEI LAVORATORI E DELL’ECONOMIA (vedi vicende delle Banche Venete, Etruria, Mps, ecc.)
- Viene tanto osannata la “meritocrazia”: riteniamo che questo non sia un valore anzi, sia proprio l’esatto contrario! La meritocrazia affascina molto perché usa una parola bella: il “merito”; ma siccome il merito viene strumentalizzato e lo si usa in modo ideologico, il tutto viene snaturato. LA MERITOCRAZIA, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, STA DIVENTANDO UNA LEGITTIMAZIONE ETICA DELLA DISEGUAGLIANZA. Il nuovo capitalismo tramite la meritocrazia assegna una veste morale alla diseguaglianza, perché interpreta i talenti delle persone non come un dono: il talento non è un dono secondo questa interpretazione: è un merito, determinando un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi;
- Come è cattivo il lavoro di chi è pagato molto perché non abbia orari, limiti, confini tra lavoro e vita perché il lavoro diventi solo esclusivamente tutta la vita (potremmo paragonarlo al nostro ORARIO ESTESO!)
- Un paradosso della nostra società è la compresenza di una crescente quota di persone che vorrebbero lavorare e non riescono, e altri che lavorano troppo, che vorrebbero lavorare di meno ma non ci riescono perché sono stati “comprati” dalle imprese;
- Senza ritrovare una cultura che stimi “la fatica e il sudore”, non ritroveremo un nuovo rapporto col lavoro e continueremo a sognare il consumo di puro piacere. Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare, no. E’ il centro di ogni patto sociale.
- Tra il lavoro e il consumo ci sono tante cose, tutte importanti e belle, che si chiamano dignità, rispetto, onore, libertà, diritti, diritti di tutti, delle donne, dei bambini, delle bambine, degli anziani… Se svendiamo il lavoro al consumo, con il lavoro presto svenderemo anche tutte queste sue parole “sorelle”: dignità, rispetto, onore, libertà
QUESTI CONCETTI QUANTO RILIEVO HANNO NELLE POLITICHE COMMERCIALI DEL NOSTRO GRUPPO?
Nel frattempo, nella nostra Banca, si parla di chiudere ancora molte filiali!
Milano, 01 giugno 2017
Le Segreterie di Coordinamento